[EN] You are wandering through a forest on a humid Autumn afternoon when a weird shape hiding on the grass at the feet of some tree catches your attention. Now curious, you approach the bizarre, alien-like shape and its yellow tone, spotted by bruise-like, blue stains.
[IT] Stai vagando attraverso una foresta nell’umidio pomeriggio autunnale, quando una strana forma nascosta nell’erba ai piedi di un albero coglie la tua attenzione. Ora curios, approcci la bizzarra forma aliena dal tono giallo e punteggiata da macchie blu che sembrano lividi.
Without second thoughts, you pick the funny-looking stuff and put it in your mouth, raw and uncooked, unbothered by the possible side effects. You are lucky, for it was just some Psilocybe Cubensis minding its own business before you took it from the mycelium, and now you are in for some, well, not assuredly “fun” times; nonetheless, they’re going to be interesting. Ulltisol, with their sophomore effort “Farther Farfar Faerie Forest”, would be the perfect soundtrack for such a trip.
Playing what they dub as “Entheogenic Black Metal”, a contradiction if I ever saw one, this mysterious entity hailing from the fogs and forests of Nova Scotia walks on decidedly psychedelic terrains, navigating their black metal influences with experimental attitude and folk sensitivity. Indeed, if any kind of label could be attached to the kind of black metal they bring to the table, the first and possibly only one would be “weird”. There are few, if any, discernible guitar riffs, substituted by a droning sound preoccupied more with atmosphere and creating a suggestive landscape. Such effect is obtained also via the free and unencumbered usage of, well, a lot of different musical instruments, among which shines a fiddle, some kind of “tribal” drums and folk-ish percussion, what I believe to be a jaw harp, and what it feels like (don’t quote me on this though) field-recordings of rain in a forest, and a flute which sounds exactly how a flute is supposed to sound in the best dungeon synth recording. Such diverse instrumentation is definitely nothing new in black metal; their dialogue, though, feels personal and ritualistic, reaching, with a smart and captivating use of repetition, what may be called a sort of “shamanic” feels, permeating the album as a whole and, especially, the last and longest track, Farfar Faerie Forest which, with its length surpassing the 20 minutes mark, allows Ulltisol to show all their capability in transporting the listeners to a really far and magical place. On the other hand, the second track, The second ritual of runic understanding, is the one in which the black metal descriptor is more upfront, if, again, played with some psychedelic understanding of it.
The vocals are equally interesting, passing from a sort of whisper to a grasping, croaking scream to a clean singing definitely debtor to neo-folk. At moments during the album, those different styles overlap and intersect, giving a feeling of some sort of communal experience and shared space. Neo-folk is definitely a huge, if untold, influence on the project and the album, as well as psychedelic music. The latter is made even more evident by the third track, The Climb, a cover from the Canadian lo-fi psychedelic project Elevator To Hell from their 1996 album. Confronting the two versions is a useful exercise shining light on Ulltisol’s creative process, which allows to better understand and appreciate their multifarious and diverse set of influences and their own personal take on black metal.
To conclude, the album is a bit demanding, meaning that it is more suitable as a cohesive and uninterrupted listening experience. As with psychedelics, it is better to allow Ulltisol to take charge and guide the trip at their whim, more than to resist or try and cherry-pick the bits and the fragments. The unique and organic quality of their music allows getting lost somewhere really far away. Furthermore, the band is clearly and outspokenly anti-fascist; after the invasion of weird nazi-hippie playing psychedelic stuff, it is refreshing and reassuring to know that we are trying not to leave psychedelia to fascists. NO SHROOM FOR FASCIST SCUM!
bast666
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Senza pensarci troppo, raccogli l’assurda cosa e te la metti in bocca, cruda, senza preoccuparti di possibili effetti indesiderati. Sei fortunat, perché era solo del Psilocybe Cubensis che si faceva gli affari propri prima da essere strappato dal micelio, e ora ti stai per addentrare in un momento, beh, non necessariamente “divertente”: ad ogni modo sarà interessante. Ulltisol, con il proprio secondo sforzo “Farther Farfar Faerie Forest”, sarebbe la colonna sonora perfetta per questo trip.
Suonando ciò che definiscono “Entheogenic Black Metal”, una contraddizione come non ne avevo mai viste, questa misteriosa entità che emerge dalle nebbie e foreste della Nuova Scozia percorre un terreno decisamente psichedelico, navignado le proprie influenze black metal con un’attitudine sperimentale e una sensibilità folk. In realtà se si potesse attaccare un’etichetta al tipo di black metal che propongono, la prima e unica che si potrebbe usare sarebbe “weird”. Ci sono pochi, se ce ne sono, riff di chitarra, sostituiti da un sound ronzante preoccupato più dall’atmosfera e dal creare uno scenario suggestivo. Questo effetto è ottenuto dall’utilizzo libero e senza vincoli di, beh, diversi strumenti musicali, tra cui il violino, qualche tipo di batteria “tribale” e percussioni folkeggianti, quello che credo essere uno scacciapensieri, e quello che sembra suonare come (ma non ci fate affidamento) delle registrazioni sul campo di pioggia in una foresta, e un flauto che suona come un flauto dovrebbe suonare nel migliore album dungeon synth. Questa strumentazione così diversa non è assolutamente niente di nuovo nel black metal; il dialogo tra gli strumenti, però, suona personale e ritualistico, raggiungendo, tramite un intelligente e accattivante uso della ripetizione, quello che potrebbe essere chiamato un senso “sciamanico” che permea completamente l’album e, specialmente, l’ultima e più lunga traccia: Farfar Faerie Forest, la quale, nella sua durata che supera i 20 minuti, permette ad Ulltisol di mostrare le proprie capacità di trasportare gli ascoltatori verso un posto lontano e magico. D’altra parte, la seconda tracia The second ritual of runic understanding, è una di quelle in cui il descrittore black metal è più esplicito se, di nuovo, si volesse giocare con un’interpretazione psichedelica dello stesso.
Il cantato è ugualmente interessente, passando da una sorta di sussurro ad uno scream gracchiante ed avvolgente fino ad un cantato pulito che è chiaramente debitore del neo-folk. In certi momenti durante lo scorrere dell’album questi differenti stili si sovrappongono ed intersecano, dando una sensazione di esperienza collettiva in uno spazio condiviso. Il neo-folk è sicuramente una grande, sebbene non detta, influenza sul progetto e sull’album, così come la musica psichedelica. Quest’ultima è resa evidente dalla terza traccia, The Climb, una cover del progetto lo-fi psichedelico canadese “Elevator to Hell” dal loro album del 1996. Confrontare le due versioni è un utile esercizio che getta luce sul processo creativo di Ulltisol, il quale permette di capire meglio ed apprezzare il loro set di influenze variegato e multiforme, e la loro personale declinazione di black metal.
Per concludere, l’album è esigente, il che significa che è più accessibile con un’esperienza di ascolto coesa e ininterrotta. Come per gli psichedelici, è meglio permettere a Ulltisol di prendere la guida del trip a loro piacimento, più che resistere o provare a scegliere selettivamente pezzi e frammenti. La qualità unica e organica della loro musica permette di perdersi da qualche parte davvero lontana. Inoltre, la band è chiaramente e apertamente antifascista: dopo l’invasione dei nazi-hippie che suonano musica psichedelica, è rassicurante e rinfrescante sapere che non cediamo la psichedelia ai fascisti. NESSUN FUNGHETTO PER LA FECCIA FASCISTA!
bast666
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