This is my Garden
This is my Kingdom

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The Ghost Gardener - This is my garden, this is my kingdom
The Ghost Gardener – This is my garden, this is my kingdom

Turin has always been an esoteric city. Its history and its position make it a vertex of both the two esoteric “triangles” across the Atlantic, formed by cities thought of as pinnacles of magic, energy and mystery. Unique among magical and sacred places, it is the proper home of a mysterious ghastly entity, an apparition by the name of The Ghost Gardener. Mixing aggression, atmosphere and a Gothic sensitivity, this phantom offers us a brief Black Metal album (and a The Cure cover) which is definitely not for everyone, but which will gift weirdly enjoyable sensations to those who like their black metal raw but not without atmosphere and their production values definitely lo-fi.

Very little is known about this interesting project, aptly so, for what ghost story does begin with all the necessary info laid out? The album starts with a short intro, Night, a thunderous, stormy and noisy thirty-something seconds track setting the mood for what is to come with its weird soundscape. And what is to come is beautifully filthy and unpolished. The first track, This is my garden, this is my Kingdom, let us know we entered a place in which we don’t really belong. The gardener screams time and time again that we stepped into their garden, their righteous kingdom. The riff is simple and monotonous and enjoyable all the more, and the song is not particularly fast paced, letting the listener sink into the garden atmosphere and brooding, melancholic mood. The same kind of slow but not-really-slow pace is kept in the third track, The Garden Manifesto, which, with its brief noisy opening and feedback sounds sustaining it, feels straight out of a nineties black metal album. It shows a bit more attention to melody, if filtered through an overwhelmingly lo-fi and raw approach to production, and some change in rhythm and drumming keeps the interest focused. The fourth track, The Day had come, I return into darkness starts exactly where the previous bid its goodbyes. The riff is brought forward, the changes in the drumming and more evident and the screaming, unintelligible and extremely low and far in the mix, enjoys a couple of second as the only sound within a wall of feedback sounds. The track evolves nicely towards a brief furious drumming to which the same rain and thunder of the beginning are paired. With the same natural sounds and some birds chirping to the raising of the Sun and a farewell to the passing storm, the album closes; we have exited the garden which is the realm of this ghost, and the impression left is to have been witnesses to a phantom story. In its brevity and in its simple, stripped down approach to black metal, the Ghost Gardener is perfectly able of telling their ghost story, and to wrap it up in the traditional way ghost stories are told: the light comes, the birds are awake, the ghost, lost the dark and shadowy protection of a stormy night, disappears with the dawn. This is my garden, this is my kingdom is a small narrative in lo-fi, raw, droning black metal form. It probably won’t be absolutely enjoyable for everyone, but, if you did cut your teeth on the less polished forms of black metal, this short album will surprise you for its telling, narrating capacity and its internal coherence.

Bonus: the Ghost Gardener also has a cover of Hanging Garden from The Cure. It seems like to cover The Cure is a necessary step for black metal musicians at some point in their career, and, from a fan of both The Cure and black metal, what can I say if not keep it coming? Also, this cover is really well-done and faithful to the pummelling drum and bass works of the original, filtered through the lo-fi approach we already covered, so, what’s not to love about it?

As always, go and show your support for this young project! We hope this is only the first chapter of an equally spooky and raw discography.

(Bast666)

This is my Garden, this is my Kingdom on Bandcamp

The Ghost Gardener
The Ghost Gardener

 

The Ghost Gardener - This is my garden, this is my kingdom
The Ghost Gardener – This is my garden, this is my kingdom

Torino è, da sempre, una città esoterica. Occupa uno dei punti di vertice di entrambi i “triangoli” magici che attraversano l’Atlantico, formati da città considerat di particolare significato magico. Unica tra queste città ad avere una tale posizione, non poteva che essere il luogo più adatto alla manifestazione di una entità fantasmatica e misteriosa che va sotto il nome di The Ghost Gardener. Questo fantasma, unendo aggressività ed atmosfera ad una certa sensibilità gotica, ci offre un breve album black metal (ed una cover dei Cure) che, con la sua produzione decisamente lo-fi, non è per tutt, ma che saprà regalare strane emozioni a chi preferisce il suo black metal grezzo ma non senza atmosfera.

Nessuna storia di fantasmi comincia con tutte le informazioni necessarie a svelarne i misteri, ed infatti questo progetto è al pari interessante ed avvolto nell’ombra.

L’album is apre con una brevissima intro, Night, i cui 30 secondi di rumori di una tempesta notturna intervallati da strani colpi come sul legno aiutano ad immergersi in ciò che sta per accadere; e ciò che sta per accadere suona meravigliosamente sporco e grezzo. La prima traccia, This is my garden, this is my kingdom, ci rende chiaro quanto siamo entrat in un luogo dove non avremmo dovuto avventurarci. Il Giardiniere urla con tutto il suo essere che quello che stiamo osservando è il suo giardino ed il suo regno. Questo grido di “sovranità” è sostenuto da un riff piacevolmente monotono e da un ritmo non particolarmente sostenuto o veloce, che ci permette di immergerci nell’atmosfera cupa da giardino malato con una certa voluttuosa, strana malinconia [allarme costruzione della frase d’annunziana, questa non é un’esercitazione]. Il ritmo lento (per gli standard black metal) è mantenuto nella traccia che segue, The Garden Manifesto. Questa si apre con un breve intro “noise” ed è caratterizzata da un costante rumore di feedback sullo sfondo, ed onestamente suona come se fosse uscita direttamente da un album black metal della seconda ondata. Dimostra però una maggiore sensiblità alla melodia filtrata attraverso un approccio davvero lo-fi e rudimentale, e qualche variazione nel ritmo sostenuto dalla batteria aiuta a mantenere l’interesse alto. Dando mostra ancora della natura coesa, come unicum che questo breve album possiede, la traccia successiva, The Day had come, I return into darkness comincia con una variazione minima del riff della canzone precedente, come a legarle. Il riff è sostenuto, il ritmo conosce qualche variazione in più ed il gridare del fantasma, talmente lontano da suonare inintelligibile, si fa ancora più oltremondano e, per un tempo brevissimo (a detta di chi scrive, forse troppo breve) è l’unico suono affiancato al muro di cacofonia. La canzone evolve e muta e, verso la sua fine, mentre il suono e la velocità delle pelli aumentano furiosamente, udiamo

di nuovo il suono di pioggia, meno battente, e di tuoni che si allontanano. Con gli stessi suoni naturali dell’intro, l’album si chiude, lasciando gli/le ascoltatori/ascoltatrici ad osservare un’alba in compagnia di qualche volatile che cinguetta il suo saluto al Sole nascente ed il suo arrivederci alla tempesta. Usciamo dal giardino che é la casa ed il regno di questa apparizione, e l’impressione è davvero quella di aver assistito ad una storia di fantasmi.

Con il suo approccio semplice ed essenziale al black metal, The Ghost Gardener riesce perfettamente a narrare la sua storia spettrale nei brevi confini di questo album, ed a dare un epilogo rispettando la tradizione delle storie di spettri: giunge la luce, gli uccelli nel giardino si svegliano ed al fantasma, perduta la protezione ombrosa di una notte di tempesta, non resta che svanire nell’alba. This is my Garden, this is my kingdom è davvero una piccola narrativa resa attraverso un black metal grezzo, primitivo, semplice e rumoroso (ma ha anche dei difetti). Non piacerà a tutt; ma, se siete abituat alle forme di black metal meno ripulite o raffinate, rimarrete sorpres da questo breve album, dalla sua atmosfera e dalla sua coerenza narrativa e stilistica.

Bonus: The Ghost Gardener ha anche pubblicato sul suo Bandcamp una cover di Hanging Garden dei Cure. Apparentemente coverizzare i Cure è un passaggio obbligato per chi suona black metal, e, da fan di entrambi, cosa posso dire se non continuate pure? Questa cover è ben fatta e fedele alla batteria ed al basso (pulsanti ed interessanti) dell’originale ma mantiene l’attitudine lo-fi e grezza di cui abbiamo già discusso; impossibile non amarla.

Come sempre, mostrate il vostro supporto a questo giovane progetto! Possiamo solo sperare che questo sia il primo capitolo di una discografia ugualmente spettrale e gelida.

(Bast666)

Ascolta This is my Garden, this is my Kingdom su Bandcamp

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